Celebrare San Martino – 11 Novembre

Celebrare San Martino

La sera dell’11 Novembre si celebra l’arrivo del periodo più buio dell’anno onorando San Martino, noto per la sua dolcezza e la sua capacità di portare calore e luce ai bisognosi. Le lanterne che si accendono durante l’usuale camminata serale, ci ricordano che la nostra luce interiore dovrà essere ancora più forte con l’arrivo del freddo e del buio Inverno.

La leggenda di San Martino

La leggenda narra che più di mille anni fa, ai tempi dell’Impero Romano, nacque un bambino chiamato Martino. Suo padre era un tribuno dell’esercito romano, un ruolo molto importante per il tempo, e ci si aspettava che suo figlio si sarebbe unito all’esercito una volta diventato grande. 

Martino crebbe con animo buono e gentile, e non avrebbe mai voluto combattere, non voleva far del male a nessuno. Tuttavia, quando compì 15 anni fu costretto da suo padre a entrare nell’esercito romano e, poiché era un bravo studente, fu nominato presto tribuno. Gli venne dato un cavallo e un mantello rosso da indossare sopra la sua armatura. 

Un freddo giorno d’Inverno Martino arrivò con i suoi soldati presso le porte di una città. Un mendicante vestito di stracci, che tremava e stringeva una piccola ciotola vicino a lui, disse con voce sottile: “Carità per gli affamati”. 

La maggior parte di loro non prestò alcuna attenzione al mendicante, e alcuni lo derisero con parole sprezzanti. Quando Martino passò cavalcando davanti a lui, il mendicante disse: “In nome di Gesù, per favore” e tese la mano. Gli occhi di Martino incontrarono quelli del mendicante e la compassione si mosse nel suo cuore. Fermò il cavallo, tirò fuori la spada e tagliò il suo bellissimo mantello rosso in due. Martino lasciò che una metà cadesse sulle spalle dell’uomo, per riscaldarlo, e proseguì con i suoi soldati. 

Quella sera, mentre Martino dormiva nella sua tenda, gli fece visita in sogno un uomo che indossava mezzo mantello rosso. Guardò l’uomo negli occhi e riconobbe gli occhi del mendicante. Ma non era affatto lui. Era radioso. Era Gesù, che disse a Martino: “Quello che fai agli ultimi degli uomini, lo fai a Me.” 

Quando Martino si svegliò la mattina dopo il suo mantello era integro. Il sogno ebbe un tale impatto su Martino che egli venne battezzato la Pasqua seguente e divenne cristiano. 

Con il passare dei giorni Martino lottava contro i suoi doveri da soldato. Fare del male agli altri era per lui come ferire se stesso. Eppure il lavoro di un soldato è combattere e uccidere. Che cosa avrebbe potuto fare? 

Nel frattempo, il suo reggimento fu chiamato da Giulio Cesare per combattere i barbari, che stavano invadendo l’Impero. Martino e i suoi soldati viaggiarono per molte miglia e trascorsero molti mesi in feroci battaglie. 

Alla vigilia della battaglia più importante, che avrebbe determinato chi sarebbe stato vittorioso, Martino capì che non poteva più fare del male a un altro uomo. Così si recò dal grande Giulio Cesare, deciso ad abbandonare l’esercito. 

“Domani non combatterò in battaglia. Non prenderò più la vita di un altro uomo. Desidero essere congedato dal mio servizio militare.” 

“Codardo, pazzo!” gridò l’Imperatore, e così dicendo fece imprigionare Martino. Pensò di punire la sua insubordinazione mandandolo in battaglia spoglio di protezioni e senza spada. Ma la mattina seguente, un messaggero annunciò la resa dell’esercito nemico, e Giulio Cesare non potè fare altro che liberare Martino. 

Martino ora era libero e decise di mettersi al servizio del bene. Creò un rifugio per gli ammalati e i poveri. Aiutò chiunque incontrasse e ne avesse bisogno. Persino chi non sapesse di averne bisogno. 

Durante un lungo viaggio sulle Alpi, dei briganti fermarono Martino intenzionati a derubarlo. Tuttavia Martino non aveva niente con se. I briganti si arrabbiarono e lo minacciarono brandendo le spade. Egli però non reagì e rimase molto calmo.
“Perché non hai paura?” Chiesero sorpresi i briganti.
Martino rispose: “Maggiore è il pericolo, più sono vicino a Dio. E quando gli sono vicino, Dio mi protegge.”
Le sue parole calme e benevole ammorbidirono i loro cuori ed essi deposero le spade. Martino rimase con loro quella sera e la mattina dopo i briganti decisero di cambiare le loro abitudini. 

Martino continuò a fare del bene fino alla fine dei suoi giorni, aiutando chiunque si rivolgesse a lui. Divenne persino Vescovo di Tours, in Francia, per volere degli abitanti del posto, che aiutati da alcune oche dispettose, lo convinsero ad accettare la carica, nonostante il suo desiderio più grande sapete qual era? Fare l’eremita!

Un teatrino per i più piccoli

La bambina della lanterna

C’era una volta una bambina che comminava portando con se la sua lanterna, e cantava allegramente:

Io vado con la lanterna,
la luce viene con me.
Nel cielo brilla una stella
e qui lei arde per me.

Poi arrivò il vento che fischiava e ululava, e spense la sua lanterna.
“Oh!”, esclamò la bambina. “Chi accenderà la mia lanterna?” Ma per quanto cercasse, nessuno si presentò.

Iniziò a camminare per il bosco…

Cos’è che si muove nel fogliame? Chi che va a piccoli passi veloci? È un piccolo amico con le spine!
“Mio caro riccio, il vento ha spento la mia lanterna. Chi può riaccenderla?”
“Non posso risponderti, hai altri a cui chiedere. Non Non posso fermarmi, devo andare dai miei figli.” 
La bambina proseguì il suo cammino.

Cos’è che brontola tanto? È l’amico orso!
“Caro amico orso, il vento ha spento la mia lanterna. Conosci qualcuno che possa riaccenderla?”
“Non posso rispondere, hai altri a cui chiedere. Devo andare a riposare.”
La bambina proseguì il suo cammino.

Chi si muove così dolcemente? Cos’è che scivola sull’erba? È una volpe intelligente e astuta!
“Mi aiuti ad accendere la mia lanterna?” chiese la bambina; ma la volpe rispose: “Da qui devi andare, a casa tua devi tornare. Devo scivolare e osservare, presto un topo voglio cacciare.”

La bambina si sedette su una pietra e pianse: “Nessuno mi vuole aiutare?”
Le stelle la udirono e dal cielo le dissero: “Al Sole devi chiedere. Egli può risponderti.”
La bambina proseguì il suo cammino.

All’alba arrivò alla casa di una filatrice.
La bambina aprì la porta e chiese:
“Sai la strada per il sole? Vuoi venire con me?”
“Devo lavorare. Fili sottili devo filare. Ma riposati un po’ al mio fianco perché ti aspetta un lungo e faticoso cammino.” La bambina entrò e si sedette. Quando ebbe riposato abbastanza , prese la sua lanterna e se ne andò.

Camminando arrivò a una casetta. Dentro si trovava il vecchio calzolaio che aggiustava le scarpe.”Buongiorno, caro ciabattino. Conosci la strada che porta al sole? Vuoi venire con me?”
E il ciabattino disse: “Ci sono un sacco di scarpe da sistemare, non ho tempo per camminare. Ma riposati un po’ al mio fianco perché ti aspetta un lungo e faticoso cammino.” Quando la bambina ebbe riposato, afferrò la sua lanterna e andò avanti.

Finalmente, in lontananza, vide una montagna molto alta e pensò: “Lassù vivrà il sole.” E corse leggera come un capriolo.
Gli si avvicinò un bambino che stava giocando e saltando con la sua palla nella prateria.
“Vuoi venire con me al sole?” Ma il bambino preferiva saltare e giocare.

La bambina salì da sola, caminando per la sua strada, salendo sempre più in alto sulla montagna. Ma lassù non trovò il sole.
“Qui aspetterò il sole.” E si sedette sull’erba ad aspettarlo. Siccome era molto stanca per il tanto camminare, le si chiusero gli occhi e si addormentò. Ma il sole aveva osservato la bambina per lungo tempo, e quando arrivò il tramonto si chinò e accese la lanterna. Quando la bambina si svegliò, disse: “Oh!La mia lanterna brilla di nuovo!”
E alzandosi, si mise nuovamente in cammino.

Trovò di nuovo il bambino e questi le disse: “Ho perso la mia palla e non la trovo.”
“Io ti illuminerò” rispose la bambina. “Eccola!” gridò il bambino. E se ne andò cantando e saltando.

La bambina andò per la sua strada e arrivò a casa del ciabattino. Il ciabattino era triste nella sua stanzetta. “Si spense il fuoco” disse, ” e le mie mani rimasero rigide di freddo. Non posso continuare ad aggiustare scarpe.”
“Io ti riaccenderò il fuoco”, disse la bambina.
Il calzolaio si scaldò le mani e continuò diligentemente a martellare e cucire.

Lentamente la ragazza continuò la sua strada attraverso il bosco, raggiungendo la casetta della vecchia. Nella sua stanzetta non c’era luce. “La mia luce si spense”, disse la vecchia. “Da tempo non riesco più a filare.”
“Io ti riaccenderò la luce”, disse allegramente la bambina.
Allora la vecchia prese di nuovo la sua rotella e continuò a filare fili fini.

Finalmente la bambina arrivò nella foresta e tutti gli animali si svegliarono dal bagliore.

La volpe annusò e guardò la luce. L’orso ringhiò e ringhiò, rannicchiandosi ancora di più nella sua grotta invernale. Il riccio si avvicinò incuriosito: “Che lucciola grande c’è qui!”

La bambina tornò allegramente a casa cantando: 

Io vado con la lanterna,
la luce viene con me.
Nel cielo brilla una stella
e qui lei arde per me.

Leggi sotto la canzone…

La celebrazione della festa di San Martino

Il pane di San Martino

Nella tradizione della festa di San Martino vengono cucinate varie pietanze caratteristiche in ogni parte d’Italia: dai papassinos in Sardegna, i viscottu di San Martino a Palermo, i turcinielli in Abruzzo, ai galeti di Venezia. Ciò che però ritroviamo in tutta Italia è il tradizionale pane di San Martino, con farina di frumento e di castagne.

Pane di San Martino

Ingredienti:

  • 350 gr di farina di frumento
  • 250 gr di farina di castagne
  • 250 gr di noci
  • 2 cucchiai di olio d’oliva
  • 2 bicchieri di acqua tiepida
  • 40 gr di lievito di birra
  • Uvetta passa
  • Sale 

Impastiamo molto bene le farine con il lievito di birra previamente disciolto nell’acqua tiepida.

Lasciamo lievitare la pasta sotto un canovaccio in un luogo abbastanza caldo (ad esempio vicino a un termosifone) per almeno 1 ora. 

Aggiungiamo l’olio e le noci, impastiamo per bene, inserendovi dentro un uvetta per ogni componente della famiglia; che fortuna sarà ritrovarla quando mangeremo il pane!
Ora formiamo un panetto allungato e facciamo lievitare per due ore sotto il canovaccio.

Inforniamo a 180º per circa 40 minuti, finché inserendo uno stecchino questo uscirà asciutto.

Portiamo in tavola il nostro pane e prima di tagliarlo recitiamo la poesia di San Martino.

La poesia di San Martino

Il giorno di San Martino si fa una passeggiata in un luogo buio e il più possibile lontano dai rumori delle città. Prima di uscire di casa dedichiamo a San Martino una poesia:

Umido e freddo spunta il mattino,
ed a cavallo va San Martino.

Quand’ecco appare un mendicante,
lacero e scalzo vecchio e tremante.

Il cavaliere mosso a pietà,
vorrebbe fargli la carità.

Ma nella borsa non ha un quattrino,
e allora dice Oh poverino.

Mi spiace nulla io posso darti,
ma tieni questo per riscaldarti.

Divide in due il suo mantello,
metà ne dona al poverello.

Il sole spunta e brilla in cielo,
caccia la nebbia con il suo velo.

E San Martino continua il viaggio,
sempre allietato dal caldo raggio.

Le lanterne di San Martino

Nella settimana precedente alla festa, prepariamo insieme le lanterne di San Martino.
Simbolicamente ci avviciniamo a San Martino, che riconobbe la scintilla divina nel povero uomo alle porte della città e gli diede la protezione del proprio mantello. Quando creiamo la lanterna in qualche modo anche noi stiamo dando protezione a una piccola “fiamma”, così che possiamo accompagnarla in sicurezza attraverso il mondo oscuro.

Scopri come poter realizzare la lanterna di San Martino →

Il canto di San Martino

Lungo il cammino della fiaccolata dedicata a San Martino, si intonano alcuni canti, alla luce fioca e calda delle lanterne. Il più famoso è:

Io vado con la lanterna,
la luce viene con me.
Nel cielo brilla una stella
e qui lei arde per me.
E se si spegne il lumicin,
rabimmel rabammel rabum
Mi aiuta chi mi sta vicin
rabimmel rabammel rabum

Io vado con la lanterna,
la porto sempre con me.
Nel cielo brilla una stella
e qui lei arde per me.
La luce poi si spegnerà,
rabimmel rabammel rabum
La luce poi si spegnerà,
su bimbi a casa torniam.

Torna in alto