Storia di una topina coda lunga che scelse di abitare il carrubo del giardino della casina tra le roverelle
Una mite giornata d’inverno sorse sul sentiero delle roverelle.
I caldi raggi del sole riscaldavano ogni cosa. Tutte le creature avevano colto l’occasione per passare del tempo all’aria aperta a godere di quel cielo terso, lasciandosi nutrire dal calore. Persino alcune lucertole comparvero sulle pietre del muretto a secco lungo il viale.
Fu un inverno lungo e particolarmente freddo, in cui per diversi giorni il bianco mantello del Signor Inverno aveva ricoperto la campagna circostante. Quei giorni di sole, arrivarono come balsamo per il corpo e lo spirito. La neve si sciolse lasciando spazio al verde brillante dell’erba novella.
E quel giorno mite e soleggiato, un bel tramonto fece dono di sé al sentiero delle roverelle e ai suoi abitanti.
Dovete sapere che non proprio sul sentiero, ma nel giardino della casina tra le roverelle o meglio tra i rami del carrubo del giardino della casina tra le roverelle, abitava una giovane topina coda lunga.
Una topina che amava vivere in solitudine, lontana dal quotidiano trantran tipico della sua comunità.
Badate bene, quella della nostra storia non era una topina con la puzza tra le vibrisse, al contrario, la nostra piccola amica, era una gentile topina coda lunga, che seppur non amasse la folla, e avesse preferito vivere lontana dal sentiero, rimaneva sempre gioiosa di ricevere visite e trascorrere del tempo in compagnia.
Altresì le piaceva starsene tranquilla, nel suo silenzio, nell’intimità della sua casina. Amava ascoltare i concerti offerti dagli uccelli del cielo, sorseggiare una tazza di tisana al finocchietto selvatico (che cresceva in abbondanza nel giardino che la ospitava) e annusare il dolce profumo del petricore.
Ma più di ogni altra cosa, adorava rimanere incantata da uno spettacolo che due volte al giorno viene messo a disposizione agli occhi di noi tutti: il momento in cui il sole sorge e il momento del suo lento congedarsi. In quei momenti i suoi pensieri tacevano, tutto intorno a lei sembrava come fermarsi.

Tutte queste pratiche, costanti e quotidiane, negli anni trascorsi sul suo albero, avevano nutrito la sua anima tanto da renderla una topina dal temperamento sereno e dal cuore “ascoltatore”.
Molte anime a lei care correvano fin sul carrubo per confidarsi, per confrontarsi, per alleviare preoccupazioni o condividere belle notizie. Una topina in particolare aveva preso a cuore il tenerla aggiornata sulle vicende che coloravano le giornate sul sentiero.
I più le chiedevano consigli e pareri poiché le risposte che ricevevano avevano sempre una luce in più, uno sguardo nuovo, chiarificato e ordinato. Inoltre potevano star certi che la confidenza veniva custodita con discrezione e gran riservatezza.

E fu proprio sul finire di quella giornata d’inverno, in quel mite giorno in cui il sole riscaldava e nutriva ogni cosa, quel giorno senza neve in cui un bel tramonto salutava il cielo tra le roverelle, che la nostra topina coda lunga, dopo aver riordinato le sue poche cose, accolto le anime amiche e i loro racconti e bevuta una rilassante tisana al finocchietto selvatico, si sedette su di un ramo, pronta a godere dello spettacolo sul finir del giorno.
A poco a poco, avvolta nell’abbraccio della luce dorata, un dolce pensiero si fece spazio in lei. E fu così che l’orecchio del suo piccolo grande cuore ascoltò una profonda ed universale verità.
La topina, profondamente onorata l’accolse, con devozione e delicatezza. E commossa ne fece gran tesoro.

Non comunicò mai la rivelazione ricevuta, ma da quel giorno, a tutti i topini e le topine della comunità fece dono dei suoi momenti di silenzio e concentrazione, con la certezza che avrebbero portato un dono speciale ad ognuno di quei piccoli cuori.